Leopardi a Firenze
Nel recente film Il giovane favoloso la parte centrale della storia è dedicata al soggiorno fiorentino di Giacomo Leopardi: si riconoscono piazza Santa Trinita, il Lungarno, il giardino di Boboli e una suggestiva veduta della città dalle colline (qui le location). Per chi è, come noi, curioso di approfondire siamo andati a cercare qualche notizia sui luoghi frequentati da Leopardi nei suoi anni fiorentini, interrotti da vari spostamenti.
Leopardi era stato a Firenze nel 1827-28 e aveva conosciuto Gianpietro Vieusseux e i suoi amici liberali: Vieusseux aveva fondato nel 1819 il Gabinetto, che aveva sede in Palazzo Buondelmonti, affacciato su piazza Santa Trinita. Qui Leopardi frequentò Manzoni, Niccolini e altri intellettuali.
Leopardi era poi tornato a Firenze nel 1830 potendo godere di uno stipendio che gli era stato assegnato per un anno e che gli consentiva di stare lontano da Recanati. Nonostante il suo carattere Leopardi non viveva isolato perché molte persone lo proteggevano in maniera disinteressata, colpiti anche dalle sue malattie e sofferenze. A questi “amici di Toscana” Leopardi dedica l’edizione dei Canti che esce nel 1831.
Negli anni a Firenze il periodo più lungo Leopardi lo trascorse in via del Fosso, l’attuale via Verdi, presso le sorelle Busdraghi, ma sappiamo che aveva alloggiato anche alla Loggia del Grano e a una Locanda della Fontana.
Sempre in questo periodo conosce Antonio Ranieri che (diversamente dalla finzione cinematografica) era biondo, oltre che bello e loquace. Antonio, generoso e impulsivo, si prenderà cura di Leopardi fino alla sua morte.
Certamente l’evento più importante nel soggiorno a Firenze fu l’incontro con Fanny Targioni Tozzetti, che lui chiamerà nelle sue poesie la “dotta allettatrice”. Fanny viveva in un bel palazzo di via Ghibellina (al Canto degli Aranci) e collezionava autografi di persone famose. Grazie ai suoi amici e corrispondenti Leopardi cercò di fargliene avere altri, ma ben presto Fanny mostrò la sua predilezione per il bel Ranieri e Leopardi ne ebbe il cuore spezzato (anche perché veniva preso un po’ in giro!).
In aggiunta l’inverno del 1832 fu nelle sue parole “rovinoso” perché a causa di un’infezione agli occhi doveva stare rinchiuso, al buio, senza poter leggere o scrivere e uscendo solo la sera tardi.
Provato nel fisico, in contrasto con gli amici e deluso da Fanny Leopardi lascia Firenze nel settembre del 1833 con un premio (di consolazione) e queste parole: «… nessun merito io conosco in me, che potesse in veruna parte farmi degno di questo premio, se non si volesse chiamar merito l’amore immenso e indicibile ch’io porto a questa cara e beata e benedetta Toscana, patria d’ogni eleganza e d’ogni bel costume, e sede eterna di civiltà; la quale ardentemente desidero che mi sia conceduto di chiamare mia seconda patria, e dove piaccia al cielo che mi sia lecito consumare il resto della mia vita, e di render l’ultimo respiro».