I primi russi a Firenze
I primi russi a calcare il suolo di Firenze furono i delegati della Chiesa Ortodossa Russa al Concilio di Ferrara-Firenze nel 1439. Sono per lo meno i primi di cui si ha notizia.
Il metropolita Isidor era alla guida della delegazione composta, fra gli altri, dal vescovo di Suzdal’ Avraamij nel cui seguito vi era un anonimo religioso che compilò uno scrupoloso resoconto: il «Viaggio al Concilio di Firenze», la prima descrizione di Firenze scritta da un russo.
La partenza da Mosca era avvenuta solennemente nel giorno della festa della Natività di Maria nell’anno 6945, l’8 settembre 1437 (allora in Russia il tempo si contava dalla creazione).
L’arrivo a Ferrara, dove si svolsero le prime sedute del Concilio, avvenne nell’anno 1438 e a Firenze, dove il padri conciliari si erano trasferiti per scampare alla peste, il 4 febbraio del 1439.Arrivarono da Faenza scendendo l’Appennino.
«E i monti petrosi d’attorno sono alti, mentre la strada che li attraversa è stretta e molto aspra, i carri non la percorrono e trasportano con le some. E lungo quei pendii nasce un vino molto buono e dolce e meraviglioso. (…)
Questa città di Firenze è straordinariamente grande e di uguale non incontrammo fra le città sopra descritte: le chiese in essa sono molto belle e grandi, e i palazzi sono eretti in pietra bianca, molto alti ed ad arte creati; la città attraversa un fiume grosso e molto rapido, di nome Arno; e su questo fiume un ponte di pietra si getta, assai largo e su entrambe le sue sponde si alzano degli edifici. (…) In questa città esiste un icona miracolosa – l’effige della purissima Madre di Cristo (…). Qui tessono anche il finissimo panno scarlatto. Qui vedemmo l’albero del cedro e del cipresso; il cedro è molto simile al pino russo mentre il cipresso ha la corteccia come l’abete, solo i ginepri sono piccoli frondosi e morbidi con delle pigne simili a quelle del pino. E in questa città è eretta una grande chiesa in pietra di marmo bianca e nera; e presso tale chiesa si eleva una torre col campanile, ugualmente in marmorea pietra bianca, mentre l’arte sua la mente nostra non può intendere, e salimmo noi le scale di questa torre e contammo quattrocentocinquanta gradini. In questa città vedemmo ventidue fiere feroci. La città da mura estese per sei miglia è cinta.»
Chi oggi, russo o no, arrivi a Firenze può rivivere l’esperienza dell’anonimo monaco russo del Quattrocento: attraversare l’Arno sul Ponte Vecchio, alzare gli occhi ai marmi di Santa Maria del Fiore, salire gli scalini del Campanile di Giotto, entrare nel silenzio della chiesa della Santissima Annunziata e vedere oggi come allora chi prega di fronte all’immagine miracolosa. I cipressi ancor’oggi fanno del paesaggio toscano quello che riempì lo sguardo dell’anonimo scrittore russo. E il buon vino rosso toscano ancor’oggi può deliziare chi ne sollevi un boccale. (CB)