Ai Weiwei a Palazzo Strozzi
Già prima dell’apertura l’installazione Reframe di Ai Weiwei è diventata un caso, la città e la stampa si sono divise fra sostenitori e detrattori. Perché si sa, a Firenze siamo sempre come ai tempi di Guelfi e Ghibellini.
Ecco qui una serie di ragioni per cui vale la pena visitare la mostra.
Il palazzo a nudo In tempi recenti è la prima volta che tutti gli spazi – compresi il cortile, i muri esterni e il sottosuolo – sono utilizzati per un’unica mostra e che le stanze sono senza tende, strutture o altro, lasciando a vista muri, finestre, e camini, con dentro le opere d’arte.
L’artista Per i suoi interessi vari che spaziano dall’architettura al design e alla scrittura i critici hanno paragonato Ai Weiwei agli artisti del Rinascimento. Troppo? Forse, ma anche colui che ha portato le avanguardie in Cina; fra Andy Wahrol e Arman, dalle videoinstallazioni faraoniche (Fairytale) ai fallimenti (Ordos), possiamo conoscere a fondo le opere che lo hanno portato al successo e quelle più contestate.
L’attivista Ha fatto della sua prigionia un’opera d’arte e il rilievo mediatico lo ha fatto diventare “l’artista più potente al mondo”. Ha esposto dentro la leggendaria prigione di Alcatraz, ha litigato con Lego (e l’ha avuta vinta). C’è chi dice che si tratta di spettacolarizzazione del dolore, o che ha sfruttato l’evento come un’abile mossa di marketing e comunicazione, ma gli è comunque costato un’operazione al cervello e il ritiro del passaporto.
L’artigianato In una città come Firenze dove l’artigianato è elemento identitario e alla ricerca di declinazioni contemporanee e non solo storiche l’esempio di un artista che dà lavoro a un villaggio per produrre porcellane può forse indicare nuove strade da percorrere che non siano solo legate al consumo del turismo di massa che vuole solo “il giglio” e “il David”.
La Cina è la seconda economia mondiale, ha una popolazione di 1,3 miliardi di persone e vari altri primati in positivo e in negativo. Conoscerla attraverso gli occhi di un artista che conosce a fondo anche l’Occidente, oltre gli stereotipi, è un dovere e un privilegio.
Il terremoto. Qualcosa che in Italia conosciamo anche troppo bene: case con “le fondamenta di tofu”, scuole che crollano, responsabilità negate; le abbiamo viste e lette sui giornali ma Ai Weiwei ci offre il punto di vista di un artista.
Reframe. L’installazione sul tema dei migranti risponde a una domanda che ci tormenta: cosa è l’accoglienza? Come si innestano i corpi estranei dei migranti e la loro cultura con la nostra? Per rispondere a questo i gommoni devono essere necessariamente in contrasto con un’architettura iconica e rappresentativa della nostra cultura e della fiorentinità (cosi come i 14.000 giubbotti di salvataggio esposti alle colonne della Konzerthaus di Berlino pochi mesi).
Pop Social Media Non solo manette e bare, anzi. Ai Weiwei è calato nel nostro tempo: ha avuto un blog, pubblica decine di foto al giorno su Instagram, adora i selfie, ha pubblicato su Youtube una parodia di Gangamstyle e riesce a dare un aspetto modernamente pop anche a Dante e Savonarola. Per i detrattori commerciale e decorativo, per Palazzo Strozzi un nuovo inizio.(S.B)